L’evento sarà inaugurato mercoledì 3aprile ore 12.00 presso la Facoltà di Ingegneria a San Pietro in Vincoli (ViaEudossiana, 18) dove sisvolgeranno tutte le attività dei giorni seguenti. Ai saluti delleautorità accademiche seguirà il benvenuto del Presidente delMunicipio III Dario Marcuccie le introduzioni di Massimiliano Caviasca, presidente Stone Academy,e Marco Ferrero, responsabile dell’organizzazione.”
Ben vengano i workshop, ben vengano le giornate di studio inter-universitarie, ben vengano i giovani studenti che prendono in esame un quartiere che porta le ferite e i vuoti della memoria del bombardamento.
Se si trattasse di un altro periodo, un altro anno, un altro quartiere, forse non sarebbe sembrata una nota stonata il fatto che chi darà il benvenuto agli studenti sia proprio quel Presidente del Municipio III che nell'ultimo anno ha permesso, per incuranza colpevole e connivente, che il territorio di San Lorenzo venisse lacerato.
Viene con sofferenza da affermare che sì più forte delle bombe non sarà tanto la creatività che in buona fede gli studenti offriranno in queste giornate di studi, ma lo sono già stati i soprusi dei costruttori, del Municipio III, delle concessioni edilizie date dal IX Dipartimento, che tutti insieme, nessuno escluso, hanno ferito e colpiscono ancora il territorio.
Ben vengano i workshop, ben vengano le giornate di studio inter-universitarie, ben vengano i giovani studenti che prendono in esame un quartiere che porta le ferite e i vuoti della memoria del bombardamento.
Se si trattasse di un altro periodo, un altro anno, un altro quartiere, forse non sarebbe sembrata una nota stonata il fatto che chi darà il benvenuto agli studenti sia proprio quel Presidente del Municipio III che nell'ultimo anno ha permesso, per incuranza colpevole e connivente, che il territorio di San Lorenzo venisse lacerato.
Viene con sofferenza da affermare che sì più forte delle bombe non sarà tanto la creatività che in buona fede gli studenti offriranno in queste giornate di studi, ma lo sono già stati i soprusi dei costruttori, del Municipio III, delle concessioni edilizie date dal IX Dipartimento, che tutti insieme, nessuno escluso, hanno ferito e colpiscono ancora il territorio.
Ancora una volta gli attori principali non saranno né i cittadini, né gli studenti, né tanto meno l'Università che si trova a farsi promotore di un tema di studio proveniente da altro: la Fiera Marmomacc di Verona. Che anche l'università abbia dimenticato che l'idea di città non nasce dalle esigenze di mercato, dai produttori del marmo e dall'immobiliarismo finanziario?
Probabilmente sarebbe stato più interessante un workshop su un'architettura sostenibile, fatta di idee e soluzioni differenti, che si interrogasse davvero sul territorio e consultasse la cittadinanza. Progettare diversamente è possibile e anche una didattica differente esiste: un esempio l'ha dato il team Med in Italy (Architettura ed Economia dell’Università di Roma
Tre, Disegno Industriale della Sapienza, Libera Università di Bolzano e Fraunhofer) che si è qualificato al Solar Decathlon Europe 2012.
Ma il Municipio III ha memoria e cura del passato: per questo promuove il marmo!
E pietre sìano e marmo pesante e freddo. Magari il sogno è di chiuderci tutti dietro lapidi a futura memoria?
La casa della memoria è all'angolo di via dei Dalmati come uno scheletro, un mostro in cemento armato è nel cortile interno di via dei Sardi 51, la vetreria Sciarra è stata “valorizzata” ma solo grazie all'intervento dei cittadini, le ex Fonderie Bastianelli saranno il prossimo scempio mascherato da recupero-valorizzazione?
E 12 sono i progetti che incombono su quei vuoti che proteggono memoria e stabilità, perché anche di statica si parla, di un quartiere potenzialmente ad alta vivibiltà ma stretto tra la morsa del cambiamento e quella dell'implosione da sovraccarico di strutture.
Non basta usare l'inglese per essere “british”. E neanche la vena umoristica con cui si indicano i progetti su cui i giovani studenti andranno a lavorare, vedi in brochure: “velo pietoso”, “kebabbaro”.
Credo che le parole siano
importanti, i titoli, le etichette che si danno alle cose
altrettanto. Non è una questione di mancanza di senso dell'umorismo.
O presunta leggerezza. L'unica leggerezza è quella di nobile
significato spiegata da Italo Calvino nelle sue Lezioni
Americane.
Si chiama rispetto del territorio, della memoria e delle persone che ancora vivono il quartiere. Basta pensare alle ultime vicende che vedono coinvolti i residenti di via dei Corsi e dell'ignobile operazione dall'Ater.
Non basta riempire, riprogettare, serve avere cura delle cose, delle pietre così come delle parole.
Entrambe possono essere forti per costruire ma altrettanto potenti per demolire.
Si ha come l'impressione che si parli del quartiere San Lorenzo come un'entità apparentemente vuota, ma non è così. E un pieno di gente che vive e opera per manterne il futuro.
Si chiama rispetto del territorio, della memoria e delle persone che ancora vivono il quartiere. Basta pensare alle ultime vicende che vedono coinvolti i residenti di via dei Corsi e dell'ignobile operazione dall'Ater.
Non basta riempire, riprogettare, serve avere cura delle cose, delle pietre così come delle parole.
Entrambe possono essere forti per costruire ma altrettanto potenti per demolire.
Si ha come l'impressione che si parli del quartiere San Lorenzo come un'entità apparentemente vuota, ma non è così. E un pieno di gente che vive e opera per manterne il futuro.
Non è un posto vuoto, facile descriverlo solo come un divertificio o studentificio o comunque lo si voglia definire. E' un incrocio di umanità provenienti da diverse parti della città, d'Italia e del mondo, dove vecchio e nuovo convivono e sì confliggono, il conflitto e il ragionamento sul cambiamento sono semplicemente indizi di un territorio che vive.
San Lorenzo è vivo, i suoi residenti
sono vivi e soprattutto vivono il territorio. Ripeto il concetto di
VITA, perché San Lorenzo non è un luogo da “rivitalizzare”,
come si legge nel comunicato stampa. E' un territorio da curare dalle
ferite passate e contemporanee.
In questo quartiere si parla ancora, magari la notte le parole diventano schiamazzi, ma ci si riunisce per discutere ed ebbene sì si ragiona su un futuro migliore possibile. San Lorenzo non è un cumulo di macerie da risollevare, e i suoi abitanti non sono le anime che vagano eteree e parlano dall'oltretomba, alla Spoon River. Non è così! Siamo a Roma e l'unico fiume che passava di qui era il Cerere. San Lorenzo è un luogo vivo e partecipe, che non resta in silenzio a guardare. Scende ancora in piazza e come social network usa anche il citofono.
E per citare Spoon River, come diceva
Lucinda Matlock “ci vuole vita per amare la vita”.